SS.ma Trinità – 26 maggio 2024

Buongiorno a tutti! Nella solennità della Santissima Trinità la liturgia ci propone la conclusione del Vangelo secondo Matteo. Pochi versetti, in cui è contenuta la formula trinitaria – nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo – che è stata detta la prima volta su di noi nel giorno del Battesimo e che ripetiamo ogni volta che ci facciamo il segno della croce. Una formula, potremmo dire, che attraversa per intero, dall’inizio alla fine, la vita del credente. Ascoltiamo con fede la Parola.

Dicendo che i discepoli sono “undici”, l’evangelista Matteo sta ricordando certamente che manca qualcuno all’appello, ma anche che tutti i discepoli hanno dovuto toccare con mano fragilità e debolezza sotto forma di tradimento, di rinnegamento, di incapacità a rimanere con Gesù nel momento della croce. Inoltre, mette in luce la fede imperfetta dei discepoli, che, da un lato, si prostrano davanti al Maestro riconoscendo che è il Signore, dall’altro, dubitano, continuando ad avere chiusure e difficoltà ad accoglierlo nel nuovo modo in cui si manifesta loro. Insomma, gli undici ci assomigliano, perché anche noi, come loro, siamo mancanti e dotati di una fede povera. Ciononostante, a questi undici, Gesù affida una missione: «Andate e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo». Il Risorto comanda di “discepolizzare” tutti i popoli. Un verbo che non esiste nella lingua italiana ma che tradurrebbe fedelmente il testo orginale. Sembrerebbe un invito al reclutamento. Ma la fede, diceva Benedetto XVI, e papa Francesco lo ripete spesso, non si trasmette per proselitismo, nel senso di persuasione per via strategie particolari, ma per attrazione. Solo la testimonianza luminosa, attraente, di una vita fatta Vangelo, è la credenziale del discepolo. Ma cosa vuole dire, più precisamente, il comando: «fate discepoli tutti i popoli»? Chiedendo aiuto all’evangelista Marco scopriremmo che sono tre le cose che caratterizzano il discepolo (cfr Mc 3, 14-15). La prima consiste nello «stare con Gesù». Gesù «chiamò quelli che lui volle – si legge nel secondo Vangelo – perché stessero con lui». Stare con Gesù è una condizione che appartiene non solo ai discepoli che hanno avuto la possibilità di incontrarlo storicamente, ma anche a tutti gli altri che nel tempo si sono aggiunti. E questo per un semplice motivo: Gesù non è un personaggio del passato da evocare nella memoria ma una persona che si è chiamati concretamente a conoscere, ascoltare e amare oggi nei tanti modi in cui si presenta nella storia personale e di tutti. Le altre due, «predicare» e «scacciare i demoni», rappresentano in sintesi la missione salvifica di Cristo che i discepoli devono fare propria per evangelizzare e prendersi cura degli uomini e delle donne del loro tempo. C’è comunque da dire che i discepoli potranno efficacemente portare avanti questa missione solo a condizione – come si è detto – di essere stati con Gesù, d’aver cioè fondato la propria esperienza in un sincero rapporto di amicizia con Lui.
Gesù chiede di fare discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Più che un riferimento diretto al rito liturgico del Battesimo, credo che Gesù volesse richiamare i discepoli di tutti i tempi al significato profondo della parola Battesimo, cioè: “immersione”. Immergere le persone, i popoli, nel mistero della Trinità, esprime, in modo concreto, l’appartenenza a Cristo, e, attraverso Cristo, l’appartenenza a Dio uno e trino. In questa richiesta è contenuto, potremmo dire, il sogno di Dio di radunare l’intera umanità in una sola famiglia, in cui tutti si riconoscono figli del medesimo Padre, fratelli in Cristo, uniti nell’Amore dello Spirito Santo. Acquisire consapevolezza di questa “immersione” nel mistero trinitario, significa, in pratica, riconoscere che la Trinità è il fondamento della nuova umanità, in cui le differenze di tutti i popoli, tra tutte le persone, non sono viste come un’impedimento all’unità ma come il dono da condividere per rendere ancor più sorprendente e attraente l’amicizia con il Signore.
Perciò, aiutaci, Signore, a pronunciare il nome della Santissima Trinità con fede, per fare sempre più nostro il tuo sogno di renderci tutti figli e fratelli. Così sia.