Buongiorno a tutti! A partire dalla terza domenica di Quaresima, la liturgia del Ciclo A ci propone tre brani presi dal Vangelo secondo Giovanni che anticamente, le comunità cristiane dei primi secoli, utilizzavano per la preparazione di coloro che avrebbero ricevuto il Battesimo nella Veglia Pasquale. Insieme a Gesù, uno dopo l’altro, domenica dopo domenica, saranno la samaritana, il cieco nato e l’amico Lazzaro ad aiutarci ad assumere maggiore consapevolezza del dono del Battesimo che abbiamo ricevuto. Iniziamo oggi con la samaritana. Ascoltiamo.
Mezzogiorno non è l’orario indicato per andare al pozzo. Anche nei nostri paesi, quando non c’era l’acqua corrente nelle case e ci si approvvigionava alle sorgenti o nelle fontanelle, si sceglievano le ore più fresche per andare ad attingere l’acqua. Acqua che veniva raccolta in anfore capienti da caricare sopra la testa, mantenendosi in equilibrio. Camminare con un peso sulla testa richiede uno sforzo che non si può certamente compiere nelle ore di punta, quando il sole, nei territori della Palestina, può produrre temperature abitualmente superiori ai quaranta gradi. Se poi consideriamo che i pozzi non erano solo luoghi funzionali per fare provvista d’acqua ma anche dei ritrovi in cui chiacchierare del più e del meno, aggiornarsi sulle ultime notizie del paese e, molto spesso, come anche nella Bibbia viene narrato, combinare matrimoni, si comprende che mezzogiorno è l’orario ideale per sottrarsi a sguardi indiscreti. La samaritana ha in sé una inquietudine che emerge anche nelle sue risposte a Gesù quando le chiede di dargli da bere – «ma come, tu che sei giudeo chiedi da bere a me che sono una donna e per giunta samaritana?» – oppure, un po’ dopo, quando le dice di avere acqua viva da darle – «ma se non hai neanche il secchio per prendere l’acqua, da dove te la tiri fuori? Penserai forse d’essere più bello e più bravo di Giacobbe grazie al quale abbiamo questo pozzo?».
Tuttavia, nel corso del racconto, si assiste ad una sua progressiva apertura, a partire dal momento in cui Gesù le dice di andare a chiamare il proprio marito. La donna a questa richiesta prontamente risponde di non avere alcun marito. Gesù apprezza la sua sincerità dicendole: «Dici il vero. Infatti ne hai avuto cinque e quello che hai ora non è tuo marito». Sono stati versati fiumi di inchiostro per precisare meglio l’identità dei mariti della samaritana. I Padri della Chiesa, in particolare, vedendo nella donna l’immagine del popolo di Dio, basandosi sulla metafora sponsale con cui la Scrittura rappresenta il rapporto tra Dio e il suo popolo, interpretavano i mariti come le deviazioni dalla vera fede verso l’idolatria. Chissà quale sia veramente il significato di questi mariti. Considerando però globalmente l’esperienza della donna ci troviamo di fronte ad una persona che, con molta probabilità, non aveva mai incontrato un uomo che l’avesse veramente capita, accolta, amata, ma uomini che, uno dopo l’altro, l’avevano solo usata e gettata via. Pertanto, se i mariti di cui si parla nel racconto evangelico sono reali e non simbolici, la samaritana è una donna che ha fatto l’esperienza di essere ripetutamente scaricata. Si capisce, quindi, il motivo per cui quando lei si trova di fronte un uomo che dimostra di comprendere bene il motivo del suo andare sotto il sole di mezzogiorno ad attingere acqua dal pozzo, è come se, per la prima volta, si sentisse veramente capita e accolta senza giudizi e pregiudizi. Nell’animo della donna, l’esperienza dell’umana benevolenza dimostratale da Gesù diventa la condizione per poter incontrare, riconoscere e accogliere in lui il Messia. Ciò è perfettamente in linea con ciò che l’evangelista Giovanni afferma nella prima delle sue tre lettere: chi non ha mai fatto una vera esperienza d’amore, non può neppure dire di aver conosciuto Dio!
Signore libera il nostro cuore dalle chiusure nei confronti dell’altro, aiutaci a fare esperienza di amore autentico, gratuito, disinteressato, perché desideriamo veramente incontrarti, conoscerti, accoglierti. Così sia.