Buongiorno a tutti! Il racconto dell’apparizione del Risorto ai discepoli di Emmaus dovrebbe, ogni volta che lo ascoltiamo, aiutarci a compiere lo stesso percorso interiore in esso descritto, dalla disperazione alla speranza. Le croci, piccole o grandi che siano, mettono alla prova la fede. Rischiamo, se non le illuminiamo con la Parola, di trascinarle con fatica, o di sentirle come impedimenti alla prosecuzione del cammino umano e cristiano. Lasciamoci perciò coinvolgere dalla dinamica del racconto, mettendoci in ascolto delle parole del Vangelo che scaldano il cuore e che aprono gli occhi.
Due discepoli di Gesù stanno facendo ritorno a casa. Hanno il viso triste, la testa china, il passo lento. Non riescono a capacitarsi di quanto è accaduto nei giorni precedenti a Gerusalemme al loro Maestro. Avevano nel cuore un sogno, quello di vedere il regno di Israele finalmente liberato dai dominatori stranieri. Ora, un paio di giorni dopo la morte in croce di Gesù, sono sempre più convinti che non c’è più nulla da sperare. Il sogno in cui avevano creduto, il progetto del regno di Dio a cui desideravano prendere parte, non si realizzerà più. Non credono neppure alle donne che di rientro dal sepolcro dicono ai discepoli di aver avuto una visione di angeli che affermano che Gesù e risorto, è vivo.
Mentre continuano a raccontarsi per l’ennesima volta il motivo della loro delusione, ecco che il Risorto si fa loro compagno di viaggio. Per aiutarli ad uscire dalla tristezza e comprendere quello che stanno vivendo pone loro una domanda: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra di voi lungo il cammino?». Sono talmente sconvolti e fuori di sé, che non si accorgono che a rivolgere loro questa domanda è proprio la persona di cui stanno parlando. «Come – gli rispondono pieni di stupore – non sai cosa è successo nei giorni scorsi a Gesù Nazareno?». C’è una sottile ironia in questo dialogo che riguarda anche noi, o meglio la nostra presunzione di sapere esattamente chi sia Gesù. I discepoli dimostrano di sapere chi sia Gesù, più di Gesù stesso! Per loro Gesù non è altro che un profeta, un guaritore, un condottiero valoroso che avrebbe restituito, magari con la forza, la libertà al popolo di Israele.
Il Risorto allora, con pazienza, quasi prendendoli per mano, li istruisce su ciò che nelle Scritture era stato annunciato al riguardo delle sofferenze che il Figlio dell’uomo avrebbe dovuto patire per entrare nella sua gloria. I discepoli stanno talmente bene in compagnia dello straniero che fanno una gran fatica a distaccarsene. Lo invitano perciò a restare con loro per condividere insieme la cena. Mentre spezza del pane, i loro occhi si aprono e diventano finalmente capaci di riconoscere nello straniero che hanno di fronte il loro Maestro. Ma proprio in quell’istante Gesù scompare dalla loro vista.
È come se l’evangelista ci tenesse a dire che il Signore, da quel momento, non sarà più visibile con i sensi, ma lo si potrà ugualmente incontrare nella Parola che scalda il cuore, nell’Eucaristia che impegna ad amare con la totalità di se stessi, nel volto di ogni uomo, fosse anche uno straniero, in cui siamo chiamati a riconoscere la sua presenza.
Ti preghiamo, Signore, apri le nostre menti e i nostri sensi, fai che possiamo riconoscerti e accoglierti VIVO e PRESENTE nella Parola che ascoltiamo, nell’Eucaristia che celebriamo, nel volto del fratello e della sorella che ci hai messo accanto nel cammino della vita. Buona terza domenica di Pasqua a tutti!