Buongiorno a tutti! La regalità di Cristo, al centro della solennità che dà compimento all’intero anno liturgico, ci ricorda che Cristo è Re, un re Crocifisso, nel cui Regno l’unica norma che deve essere rispettata da coloro che vi appartengono è il comandamento dell’amore. Mettiamoci in ascolto del Vangelo, che ci chiede di contemplare il Re, assiso sul suo trono: la Croce.
Il brano evangelico ci conduce sul Golgota, ai piedi della croce. Ci chiede di levare in alto lo sguardo per contemplare il Re, per assumere una consapevolezza sempre più profonda della sua regalità del tutto differente dalla regalità dei re di questo mondo. Anche se oggi tutte le monarchie sono di fatto costituzionali, nel senso che riconoscono al popolo un ruolo fondamentale nell’amministrazione politica, quando si pensa ad un re, si pensa ad un potente, ricco, a cui è concesso di fare tutto quello che vuole. Avendo in mente questa idea di re e guardando Gesù in croce, si fa fatica a riconoscerne la regalità. In lui non c’è, infatti, traccia alcuna né di potenza, nel senso di dominio, né di ricchezza, in termini di agiatezza e sfarzo.
Il racconto della crocifissione trasmessoci dall’evangelista Luca, ci aiuta capire che Gesù è il Re, l’unico vero Re, che dà senso pieno a questo termine. Esso si può considerare distinto in due parti, in ciascuna delle quali si fa riferimento alla regalità. Nella prima parte sono i soldati a dire espressamente a Gesù: «Se tu sei un re…». Lo dicono dopo avergli attaccato nel palo verticale della croce la scritta in cui viene ironicamente affermato «Costui è il re dei Giudei». Per certi versi, anche se in modo meno esplicito, anche i capi del popolo ebraico, parlano di regalità, quando, rivolti a Gesù, con atteggiamento di derisione, gli dicono: «Se tu sei il Messia…». Il Messia, atteso da Israele, in alcune profezie dell’antico testamento, veniva descritto con caratteristiche regali. Insomma: la scritta, i soldati, i capi del popolo non credono assolutamente di trovarsi di fronte ad un Re. Tutti sono concordi nel ritenere che è impossibile che lo sia perché non può salvare nessuno: né se stesso, né il suo popolo. Tutti, se avete fatto attenzione, hanno in bocca lo stesso ritornello: «Se sei il re, se sei il Messia, dimostracelo, così come hai fatto con altri, salva te stesso!». Il vero re vive per il suo popolo, non si preoccupa di se stesso. Sa che per il popolo deve spendersi totalmente, deve essere disposto a donare la vita; sa che l’unico potere che ha da esercitare verso di esso è quello di un amore assoluto e incondizionato. Gesù è il re perché salva il mondo intero offrendo tutto se stesso con amore!
Nella seconda parte del racconto, troviamo il riferimento alla regalità nella preghiera del “buon ladrone”: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Si intuisce, in queste parole, che il regno a cui si allude riguarda una realtà futura e radicalmente differente da quella capace di condannare a morte un innocente. Gesù, con la sua risposta: «Oggi con me sarai nel paradiso», fa capire che il Regno è già qui, nel presente. Il Regno è “oggi”, nel momento stesso in cui si prende atto della proprio esistenza, della propria miseria, dei propri errori, e si chiede a Dio di poter entrare nuovamente nel suo cuore. Il regno di Dio è, prima ancora che nel futuro, nel presente, perché è la realtà in cui tutti gli uomini che hanno a cuore Dio e che sanno di essere nel suo cuore sognano e si impegnano affinché la pace, la giustizia, l’amore, la misericordia, il perdono regnino, dominino nel cuore di tutti. Gesù è il re di un regno che, se si ha Dio nel cuore, tutti vorrebbero abitare.
Per questo, Signore, te lo chiediamo, contemplando la tua regalità nel Crocifisso, aiutaci a regnare con te, facendo della nostra vita un offerta d’amore per il mondo! Buona solennità di Cristo Re a tutti!