Oggi sul discorso dei poveri e della povertà si gioca non solo la credibilità del Vangelo, ma anche la nostra stessa esistenza di cristiani e della Chiesa. Sembra quasi che nelle comunità cristiane il Vangelo non sia più vitale, fecondo, travolgente e rivoluzionario. Le persone vanno a Messa, pregano, e poi? Come si esprime la forza missionaria del Vangelo? A volte, senza rendercene conto rischiamo di dire “vivo il Vangelo”, ma allo stesso tempo lo neghiamo. Ormai la povertà dilaga su tanti fronti. È arrivata l’ora di dire “noi poveri”, non “i poveri”, perché se la povertà è su tanti livelli, ciascuno di noi ha un grado e un settore di povertà dove ha bisogno dell’altro. Il povero è colui che non è sufficiente a se stesso. Chi può dire che può vivere senza l’altro, senza relazioni, senza affetti? Ci sono una serie di povertà che ci interrogano come Chiesa. Si dice Ecclesia de Trinitate, la Chiesa nasce dalla Trinità. Ma c’è anche un’altra espressione da coniare: Ecclesia de Caritate: è l’amore di Dio che ci ha creato, è dal costato di Cristo che è nata la Chiesa, dal sangue e dall’acqua. Nelle nostre comunità ci sono molti spazi destinati alla catechesi e agli incontri, mentre alla carità, se va bene, viene destinato un semplice stanzino. Nelle parrocchie si demanda sempre alla Caritas. Si sta creando una scissione mentale tra il Vangelo e lo “sporcarsi le mani”, ma come diceva don Di Liegro: amare vuol dire sporcarsi le mani.
Come non c’è una Chiesa senza sacramenti, non c’è una Chiesa senza la carità. Come è possibile che siamo caduti in questa scissione spirituale? Non si tratta di essere buoni o cattivi, ma di ricomporre l’identità autentica di Chiesa, del Vangelo. Non è amare Dio e amare il prossimo, perché io amo Dio nell’amare il prossimo. C’è bisogno di un sussulto di Vangelo.
Il sociologo Aldo Bonomi parla di comunità rancorose. Bollare oggi le persone come razziste significa sottovalutare la questione. Oggi abbiamo una società rancorosa e impaurita. La gente tende sempre più a chiudersi in sé e si affida a chi promette di proteggerla e sostenerla, anche a costo di firmare una delega in bianco, anche a costo di calpestare il Vangelo. Dice Bonomi che non possiamo semplicemente demonizzarle, bisogna parlarci, interagire con loro, entrare in dialogo, perché hanno difficoltà vere a capire questo grande cambiamento epocale. Non possiamo sottovalutare le fatiche della nostra epoca. Dire che non è faticoso accogliere uno straniero è falso e dire che uno straniero possa integrarsi con facilità è altrettanto falso: ci si accoglie a vicenda. È faticoso reciprocamente, ma il Vangelo ci salva, è sopra, e racconta a tutti quanti la misura dell’amore del Cristo.
Chi sono i nuovi poveri oggi?
I nuovi poveri sono i giovani, ai quali questa società sta dicendo che non c’è futuro, non c’è lavoro. Sono sempre di più i cosiddetti hikikomori: ragazzi perennemente connessi on-line, chiusi e isolati. Come faranno ad affrontare la vita? Tra i poveri ci sono le famiglie sfrattate, non più sostenute dalla rete familiare e relazionale, e quelli caduti nel gioco d’azzardo: a Roma ci sono 24931 slot-machine e, secondo le statistiche, ogni cittadino romano spende in media circa 1386 euro per scommesse e gioco d’azzardo all’anno. Tra i poveri, gli anziani che si sentono un rifiuto, un peso sociale. Solo a Roma gli over 65 sono 638 mila su un totale di quasi 3 milioni di abitanti.
Anche il disagio mentale aumenta: l’ultima statistica del Servizio Sanitario Nazionale calcola che ne è colpito l’11% della popolazione; tra gli over 65 siamo al 40%. Ultima povertà: gli stranieri. I media ci raccontano di un’invasione; ebbene nel 2016 gli sbarchi sono stati 130 mila, nel 2017 poco più di 120 mila, nel 2018 non superano i 25 mila. Eppure proprio nel 2018 si è cominciato a parlare di invasione di stranieri. C’è una realtà raccontata e una realtà vera.
Non è semplicissima la fusione etica, etnica, razziale tra i popoli. Sono processi faticosi. Come Chiesa dobbiamo dire che accogliere l’altro significa fare posto dentro di te, svuotarti per essere riempito dell’altro. Maria per accogliere il Signore si svuota della vita, Giuseppe per accogliere Gesù si svuota dei progetti di vita. Non sarà stato facile, ma il Vangelo è questo.
È necessaria la prossimità, capire che l’altro non mi è ostile, che potrebbe essere mio ospite, perché c’è un arricchimento reciproco. Riscoprire la prossimità, la vicinanza, quella delle piccole crepe: vedi una piccola crepa e l’aggiusti subito. A volte non si può fare niente per gli altri e allora si sta, come Maria stava sotto la croce. È lo stare che dà dignità al dolore dell’altro, non il risolvere.
don Benoni Ambarus
Direttore Caritas – Roma
*(Sintesi di una trascrizione autorizzata ma non rivista dall’autore)