Gesù non vuole chiacchiere, ma una vita amante: amore perciò che deve essere amore-vita.
Le sue parole sono chiare:
“Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7,21).
Dunque, amore a fatti. Questo si attende Gesù da noi.
Nel giorno del Giudizio Universale, vi saranno alcuni che si vanteranno di avere avuto carismi particolari; di aver compiuto anche miracoli…; ma la loro vita non è stata conseguente, non si è impegnata in opere di bene.
E Gesù afferma chiaramente:
“Molti mi diranno in quel giorno: Signore, Signore, non abbiamo noi profetato nel tuo nome e cacciato demòni nel tuo nome e compiuto molti miracoli nel tuo nome? Io però dichiarerò loro: Non vi ho mai conosciuti; allontanatevi da me, voi operatori di iniquità” (Mt 7,22-23).
Il grande discorso della Montagna, in cui Gesù promulga la sua legge nuova, si conclude solennemente con la parabola della casa fondata sulla ROCCIA: forte richiamo ad attuare la parola di Dio, ad “amare a fatti”.
“Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, è simile a un uomo saggio che ha costruito la sua casa sulla roccia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia.
Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, è simile a un uomo stolto che ha costruito la sua casa sulla sabbia. Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde, e la sua rovina fu grande” (Mt 7,24-27).
E dirà Gesù anche altre parole profonde, che devono essere attentamente meditate. Tanto desidera Dio che sia fattivo il nostro amore per i fratelli, come dimostrazione chiara dell’amore che portiamo a Lui, da dargli la precedenza sull’adempimento dei nostri doveri verso di Lui.
“Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono” (Mt 5,23-24).
Facciamo allora un po’ di esame di coscienza.
Noi, come ci comportiamo?
Forse conosciamo bene le verità della Fede, sappiamo dire belle parole, dare agli altri insegnamenti retti…
Ma poi, facciamo? Siamo disposti a pagare di persona, impegnando tempo, forze, risorse per i nostri fratelli? Il nostro amore sarà veramente tale, solo se reso concreto nella vita e nelle opere.
FAC! è la nostra sigla: un invito ai fatti!
Corrisponde al supremo desiderio di Gesù, che a proposito del grande comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, ha concluso: “Hoc fac et vives” – “Fa’ questo e vivrai” (Lc 10,28). E dopo aver raccontato la parabola del Buon Samaritano, ha ancora aggiunto: “Vade et tu fac similiter” – “Va’ e anche tu fa’ lo stesso” (Lc 10,37).
Un nuovo anno è appena iniziato.
È un richiamo a riflettere al tempo, che scorre via veloce.
Il tempo è il metro con cui viene misurata la nostra vita. È perciò un metro tanto importante, da tener sempre davanti ai nostri occhi.
Il tempo! Quanto ancora ne avremo a nostra disposizione? Pensiamo almeno qualche volta alla nostra morte. Quando il tesoro del nostro tempo sarà troncato.
Il tempo richiama una grande verità: bisogna stare sempre ben preparati, in modo che quando cesserà il tempo, possiamo incontrarci col nostro Gesù, che ci dirà con gioia: “Entra, Fratello, nella tua Patria eterna, dove per te sarà sempre una gioia senza fine: il Paradiso!”.
Che il tuo tempo, pieno di un amore tradotto nei fatti, prepari dunque l’incontro con la Gioia Eterna!
Don Paolo
Gennaio 1992
PER RIFLETTERE UN PO’
- Fac è un verbo, un imperativo di Gesù: non basta conoscere, sapere; occorre fare, agire. Gesù faceva. Come supero la tentazione di accontentarmi di sapere senza passare alle opere?
- Gli Sposi: prendiamo in considerazione qualche verbo che specifica il “ti amo”: in che modo poi li realizziamo in concreto?
don Piero