Buongiorno a tutti! Nel percorso della quaresima, domenica dopo domenica, siamo stati condotti in luoghi diversi per entrare nella relazione sempre più profonda con il Signore. Dopo il deserto delle tentazioni, il monte della trasfigurazione ed il tempio da cui Gesù caccia i mercanti, ci immergiamo oggi in un altro luogo straordinariamente evocativo e impegnativo: la notte. Di notte, con Nicodemo, vogliamo incontrare Gesù per rivolgergli le nostre domande, i nostri dubbi, le nostre resistenze a seguirlo sulla croce. Apriamo il nostro cuore per accogliere con fede la Parola.
Gesù è a Gerusalemme. Gli occhi della gente sono puntati su di lui. Tutti si interrogano sulla sua identità. Si domandano chi sia veramente. A maggior ragione dopo averlo visto cacciare con forza i venditori dal Tempio. Alcuni giudei, l’abbiamo ascoltato domenica scorsa, si erano mostrati perplessi al punto da domandargli direttamente con quale autorità si fosse permesso di compiere un simile atto. Tanti altri però percepivano di trovarsi di fronte ad un uomo di Dio. Tra questi c’era anche il fariseo Nicodemo, autorevole membro del sinedrio. Un uomo che cerca in tutti i modi, anche al costo di compromettersi, di conoscere meglio Gesù. Va da lui di notte, e si intrattiene in un lungo dialogo, di cui oggi meditiamo un breve passaggio. In esso Gesù parla dell’innalzamento del Figlio dell’uomo mettendolo in relazione con l’innalzamento del serpente di bronzo, fatto da Mosè, durante il cammino del popolo di Israele nel deserto. Per intuire il perché di tale accostamento è necessario risalire al racconto contenuto nel capitolo ventunesimo del libro dei Numeri. In esso si narra di un popolo, Israele, che dopo aver intrapreso il cammino di liberazione dalla schiavitù dell’Egitto, di fronte alle difficoltà che man mano si presentano, avverte una grande fatica a fidarsi completamente di Dio e di Mosè. Nonostante abbia visto il Mar Rosso aprirsi per sfuggire all’esercito del faraone; l’acqua sgorgare dalla roccia nel momento della siccità; la manna e le quaglie scendere dal cielo nel tempo della carestia, Israele teme che Dio non manterrà la sua promessa di farlo vivere libero nella terra data ai Padri. All’ennesima dimostrazione di sfiducia, Dio, stanco di sentire gli israeliti lamentarsi, manda loro dei “serpenti velenosi”. Questi, per essere risparmiati dalla morte certa, invocano, con l’intercessione di Mosè, la misericordia di Dio, il quale, in tutta risposta, ordina di costruire un serpente di rame e di issarlo su un’asta verticale: chi avesse fissato lo sguardo sull’immagine del serpente si sarebbe salvato. Qual è il senso di questa richiesta?
Credo che si trovi tutto nello spostamento dello sguardo dai problemi, dai timori, dalla paura della morte, verso l’alto, verso un serpente di bronzo, verso ciò che, per quanto possa sembrare difficile da credere, è il segno della cura di Dio per il suo popolo. Fuor di metafora, se volgiamo lo sguardo su colui che è stato trafitto, sul Crocifisso, la storia acquista un altro significato. È così: si comprende meglio il valore della giustizia e della pace se si considerano le vittime innocenti della guerra; si capisce meglio la fede se la si guarda dalla prospettiva di coloro che sono perseguitati a causa si essa; si avverte meglio la necessità di un’economia a servizio dell’uomo se ci si mette nella posizione delle purtroppo tante persone sfruttate e crocifisse da un’economia, come dice papa Francesco, che uccide.
Signore, donaci la sapienza della Croce, perché impariamo a non lamentarci di fronte ai problemi, ma a confidare nel tuo aiuto, nella tua prossimità, nella tua Provvidenza. Buona domenica a tutti e buona continuazione del cammino della Quaresima.