Buongiorno a tutti! La terza domenica del Tempo Ordinario ci ripropone il racconto della chiamata dei primi discepoli. La versione dell’evangelista Marco, lo si è già fatto notare, è del tutto differente da quella dell’evangelista Giovanni che abbiamo già meditato. L’elemento che la caratterizza si potrebbe individuare, usando un solo termine, nella FIDUCIA! Proviamo a riconoscerla ascoltando di nuovo insieme il Vangelo. Apriamo la mente e il cuore per accoglierlo.
L’inizio della missione di Gesù coincide, dice l’evangelista Marco, con un evento sconvolgente: l’arresto di Giovanni Battista, un profeta che aveva acceso nel suo popolo la speranza dopo quattrocento anni che Israele non ne aveva più visto uno. Il suo appello alla conversione aveva toccato il cuore delle persone che numerose lo raggiungevano nel deserto per iniziare un nuovo percorso di vita. Vederlo ora scomparire dalla scena non poteva non generare nel loro cuore un profondo sentimento di disperazione. Non si fa fatica a immaginare le esclazioni desolate di questa moltitudine: «È finito tutto! Chi potrà guidarci verso la liberazione, verso un nuovo inizio, una nuova storia?». È praticamente lo stesso clima di desolazione che sperimenteranno davanti a Gesù crocifisso le persone che speravano che fosse lui a liberare Israele. Basti ricordare le parole che i discepoli di Emmaus rivolgono al Risorto non ancora riconosciuto mentre tristi in volto e delusi fanno ritorno alla propria casa: «Speravamo che fosse lui a liberare Israele. Ma adesso, senza il Maestro, i nostri sogni e progetti sono svaniti del tutto!».
L’arresto di Giovanni non è quindi solo la cornice storica dell’inizio della missione del Nazareno ma la rappresentazione di un clima in cui domina la mancanza di speranza e fiducia nel futuro. Gesù sa che deve riaccendere la speranza e lo può fare solo in un modo: aiutando le persone a comprendere che questa speranza è Lui stesso. Come fare? Come entrare nel cuore della gente cosicchè giunga a questa consapevolezza? Provo a spiegare la pedagogia di Gesù facendo un esempio. Se si vuole far arrivare l’acqua nelle case è necessario creare il collegamento tra la sorgente e ogni singola abitazione. Detto in parole povere: senza tubi, niente acqua. Nell’esperienza di Gesù, ma oserei dire, in tutte le esperienze umane, la tubatura che consente il passaggio dell’acqua corrisponde alla RELAZIONE DI FIDUCIA. Gesù, in pratica, dona speranza ricostruendo relazioni di fiducia. Voi mi direte: dove si vede questo nella chiamata dei primi discepoli? Riprendiamo il racconto. Gesù passa sulle rive del lago di Tiberiade, vede due coppie di fratelli intente nel lavoro di pescatori, e le invita a seguirlo. Potremmo dire che scommette sulle persone, le ama in anticipo, prima ancora di avere la certezza che possano corrisponderlo. Come dice l’evangelista Giovanni nella sua prima lettera: «Non siamo noi che abbiamo scelto lui, ma è lui che ha scelto noi e ci amati per primo» (4, 10).
È così: la fiducia genera altra fiducia. L’aveva capito bene Don Bosco. La sua pedagogia preventiva era basata sull’intima convizione che il primo bisogno delle persone, e in special modo dei piccoli e dei giovani, è quello di essere amate. Una persona amata incondizionatamente risponde in modo differente da quella che è trattata con diffidenza e pregiudizio. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è.
Per questo, Signore, fai che la fiducia che senza condizioni ci hai offerto quando ci hai chiesto di seguirti possa essere la realtà che ovunque, oggi e sempre, ci veda impegnati a realizzare con le migliori risorse della mente e del cuore il tuo sogno di riunirci in una famiglia in cui tutti ci riconosciamo figli dello stesso unico Padre e fratelli e sorelle di ogni uomo e di ogni donna che vive sulla faccia della Terra. Buona domenica di vero cuore a tutti.