III di Quaresima – 23 marzo 2025

Buongiorno a tutti! Dopo averci condotto nel deserto e su un alto monte per farci rivivere, con Gesù, l’esperienza delle Tentazioni e della Trasfigurazione, la liturgia della terza domenica di Quaresima ci fa sostare in un campo, di fronte a un fico che tarda a dare i frutti che colui che lo ha piantato si attende di veder spuntare. Il fico, immagine della nostra vita, è oggetto delle cure del vignaiolo, figura di Cristo, il quale non si scoraggia di fronte alla nostra infruttuosità, alla nostra incapacità di generare nuova vita, di essere fecondi, ma attende, con pazienza, il momento in cui questo potrà avvenire. Meditiamo sulla pazienza che Cristo ha con ciascuno di noi, ascoltando con fede la sua Parola.

Nel Vangelo che abbiamo ascoltato è contenuto il riferimento a due storie di cronaca, simili a quelle che troviamo più spesso sulle colonne dei quotidiani che nei libri di storia. La prima riguarda un fatto di sangue, sconvolgente, accaduto a Gerusalemme durante la festa di Pasqua. In mezzo al via vai dell’enorme quantità di pellegrini provenienti da ogni dove, era facile che alcuni gruppi di oppositori del potere di Roma ne approfittassero per sollevare delle sommosse. Pilato, che normalmente risiedeva a Tiberiade, in occasione della Pasqua — ce lo ricorda anche l’evangelista Giovanni — si spostava a Gerusalemme per poter sedare tempestivamente eventuali disordini. Gli storici del tempo ci informano che, in questo tipo di operazioni, agisse in modo particolarmente violento e cruento, sicuramente con l’intento di scoraggiare azioni simili in futuro. Nel fatto citato dal Vangelo, coloro che lo riferiscono a Gesù sottolineano che, nel sangue dei sacrifici, si era mescolato anche quello dei rivoltosi giustiziati dai Romani, insieme a quello di tanti altri pellegrini innocenti, presenti a Gerusalemme solo per devozione. Nel raccontarlo, però, insinuano un dubbio malizioso: ma siamo così sicuri che fossero davvero innocenti? Gesù li ascolta e coglie l’occasione per affermare, senza ambiguità, che non si può stabilire una relazione diretta e precisa tra le colpe personali e le disgrazie che accadono nella vita. A conferma di questo, cita un secondo fatto, che certamente aveva lasciato nella memoria della gente una scia di tristezza: un incidente sul lavoro. Una squadra di diciotto operai, intenti nella costruzione di una torre, era rimasta improvvisamente schiacciata dal crollo rovinoso dei materiali. Anche in quella circostanza la gente malignava sulla condotta dei poveri muratori, sostenendo — con convinzione — che una morte simile dovesse essere la conseguenza di una grave colpa. Ci troviamo, dunque, di fronte a due storie di disgrazie accomunate dallo stesso giudizio impietoso della gente. Gesù ci tiene a precisare che, se c’è qualcosa che accomuna queste storie, è il fatto che qualcuno, in entrambe, ha terminato la sua corsa. L’esperienza della morte non è qualcosa che accade ad alcuni e ad altri no. Tutti siamo destinati a passare, prima o poi, attraverso la fine dell’esistenza, semplicemente perché nasciamo mortali. La morte naturale o quella causata da una disgrazia non hanno nulla a che vedere con le colpe personali. In qualunque forma si presenti, l’esperienza della morte ci invita a prendere sul serio l’urgenza della conversione del cuore a Dio. Gesù dice: è certo che perirete, ma non è altrettanto certo — perché dipende dalla vostra libera decisione — che vi convertirete.

L’esperienza della conversione è quella di chi, nella propria vita, cerca di produrre i frutti che il Signore si attende. Come per il fico piantato nella vigna, il Signore continua con pazienza a gettare nella nostra vita i semi della sua Parola, e a smuovere il terreno affinché questi semi penetrino più in profondità e diano finalmente il frutto sperato. Ci troviamo di fronte a una buona notizia: il Signore della vita non si scoraggia di fronte alle nostre sterilità, ma continua a fidarsi di noi e a sperare in un cambiamento.

Grazie, Signore, per la tua infinita pazienza. Continua a nutrirci con la tua Parola, perché possiamo finalmente dare i frutti di bene che ti attendi dalla nostra vita. Buona terza domenica di Quaresima a tutti!