Buongiorno a tutti! Nella seconda domenica dopo Natale la liturgia ci pone di fronte un testo di non facile comprensione, ma di una bellezza e di una densità immense. Immergiamoci nella Parola, facciamoci un bagno di luce perché possiamo aprire sempre più la mente e il cuore alla comprensione del mistero dell’Incarnazione. Ascoltiamo con fede.
In principio era il Verbo, che è Dio stesso, dice l’evangelista Giovanni all’inizio del suo Vangelo. Il Verbo è il principio di tutto, l’origine di ogni cosa: del mondo in cui viviamo e della nostra stessa esistenza. Affermare che Dio è il Verbo ci porta a comprendere una verità fondamentale e importantissima: Dio, sin dal principio, desidera offrire se stesso, per mezzo della Parola, a un interlocutore capace di accoglierlo ed entrare in dialogo con Lui. Dio è Parola, comunicazione, dono di sé e, di conseguenza, ciò che proviene da Dio — il mondo in cui viviamo e la nostra stessa esistenza — porta inevitabilmente le stesse caratteristiche. Comprendere, allora, che Dio è Parola significa riconoscere che siamo destinati alla comunicazione, alla comunione, al dono di noi stessi, e quindi, in una parola, all’amore.
Ma non solo. Dire che la Parola è all’origine di tutto significa affermare che essa è il principio attraverso cui tutto può essere compreso. Siamo così abituati a pensare che solo gli esseri umani siano dotati della parola che abbiamo tolto questo dono a tutti gli altri esseri scaturiti dalle mani del Creatore. Eppure, se ci fermiamo ad ascoltare attentamente, scopriamo che tutta la Creazione è capace di annunciare la gloria di Dio e di rivelarne il mistero. Non è un caso che Gesù, durante la sua predicazione, per spiegare il mistero del Regno e il cuore misericordioso del Padre, prendesse spesso spunto dai gigli del campo, dai passeri del cielo e dai pesci del mare. Se trascuriamo questo, rischiamo di impossessarci del mondo creato da Dio, trasformandolo in un oggetto a nostra totale disposizione, utile solo a soddisfare le nostre necessità. Solo mettendoci in ascolto del creato, solo comprendendone il valore, possiamo accoglierlo per ciò che è veramente: un dono da rispettare!
Oltre a ciò, l’inizio del Prologo afferma che nella Parola è la vita. Mi soffermo un attimo su questo, riproponendo, ancora una volta, una storia risalente a circa otto secoli fa, che ha per protagonista l’Imperatore Federico II di Svevia. Nelle cronache che ne parlano, il francescano Salimbene da Parma racconta che un giorno il grande Federico II — uomo di lettere e di scienza, oltre che il sovrano più influente del suo tempo — volle condurre un esperimento per scoprire quale fosse la lingua originaria dell’umanità. A tale scopo, prese sette bambini appena nati e li affidò a sette nutrici con un ordine perentorio: dare loro da mangiare e accudirli bene, ma senza mai rivolgere loro la parola. L’intento era che, crescendo, avrebbero iniziato a esprimersi nella lingua naturale dell’uomo. L’esito di questo esperimento è tristemente noto: i bambini morirono tutti in breve tempo. La causa di questa tragedia apparve subito evidente: non di solo pane vive l’uomo! L’uomo, senza la Parola, muore. Privato della comunicazione, della comunione e delle cure amorose, anche con la pancia piena, l’uomo non può vivere. È proprio vero: nella Parola è la vita!
Signore, tu sei la Parola attraverso cui tutto ha avuto inizio, la Parola che ci permette di gettare ponti tra di noi, di costruire rapporti di fraternità, prossimità, solidarietà e amore. Un amore che è la tua stessa essenza e la sostanza della nostra esistenza. Aiutaci a maturare una consapevolezza sempre più profonda di questo, affinché possiamo sperimentare la pienezza di vita che ci hai promesso. Buon Natale, ancora una volta, a tutti!