Buongiorno a tutti. Il vangelo della II domenica del tempo Ordinario ci chiede di meditare la chiamata dei primi discepoli nella versione dell’evangelista Giovanni. La differenza di questo racconto da quello degli altri evangelisti è tale da poterci far dubitare della storicità dell’evento in essi descritto. Ma il vangelo più che una cronaca di come i fatti si siano realmente verificati è la rilettura di fede dell’esperienza che i discepoli condivisero con il Signore. Una esperienza in cui tutti siamo chiamati a riconoscerci. Con fede allora disponiamoci ad ascoltare il vangelo.
Gesù passa. Non si sa dove vada e neppure da dove venga. Solo Giovanni che fissa il suo sguardo su di lui sembra saperlo: Gesù è il Figlio di Dio, è l’Agnello di Dio, che ha la sua origine in Dio ed è costantemente rivolto verso Dio. I discepoli che sentono queste dichiarazioni del Battista subito si mettono sulla strada di Gesù. Gesù volge lo sguardo verso di loro prima ancora di rivolgere loro la parola. È lo sguardo dell’Agnello di Dio, di colui che ama fino a dare la vita, la premessa dell’incontro e della sequela.
Inizia poi il dialogo con una domanda: «Che cosa cercate?». Sono le prime parole di Gesù nel quarto vangelo che ritroviamo, come una sorta di inclusione, anche verso la fine, quasi ad indicare il loro senso fondamentale per quanti desiderano scoprire il senso della storia, di ciò che accade. Gesù le rivolge al gruppo di soldati e guardie del tempio recatesi nel Getsemani per arrestarlo chiedendo loro «Chi cercate?» ma anche a Maria Maddalena a cui domanda: «Perché piangi, chi cerchi?» per aiutarla scoprirlo vivo e presente e non a cercarlo invano tra i morti. La domanda sul nostro cercare Gesù non ha mai una risposta scontata. E tuttavia, si può tentare di rispondere solo dopo aver preso sul serio i due verbi: “venite” e “vedrete”. Due verbi che possono diventare fruttuosi se si vive stabilmente nella relazione personale con Gesù.
A differenza degli altri evangelisti, Giovanni, nel raccontarci la chiamata dei primi discepoli, sembra volerci dire che per arrivare a Gesù è necessario l’intervento di un Giovanni Battista. Non v’è dubbio che la testimonianza di Giovanni dovesse apparire forte e convincente a quanti lo raggiungevano nel deserto per farsi immergere nelle acque del Giordano e intraprendere un nuovo percorso di vita. Oggi diremmo che era una persona carismatica, ascoltata da tutti, anche da chi, come Erode, non aveva nessuna internzione di convertirsi. Una persona che aveva, inoltre, piena consapevolezza di non essere la luce ma di essere stata mandata da Dio per rendere testimonianza credibile alla luce. Giovanni svolge bene e sino in fondo il proprio compito di portare gli uomini e le donne che si rivolgono a lui da Gesù proprio nel momento in cui, vedendolo passare, lo indica dicendo: è lui l’agnello di Dio, il Messia che dovete seguire. I discepoli accolgono prontamente l’invito alla sequela, perché riconoscono che lo sguardo che il Battista posa su Gesù ha una maggiore intensità rispetto al semplice “vedere”. Uno sguardo che i discepoli stessi devono maturare per vedere in profondità e riconoscere in Gesù il Figlio di Dio, il Salvatore del mondo.
Chiediamo al Signore, come è stato per Andrea e per l’altro discepolo, la grazia dell’apertura degli occhi perché possiamo riconoscere in tutti e in tutto i segni della presenza del Signore che ci chiama a seguirlo in un cammino di verità e di libertà. Buona domenica di vero cuore a tutti!