Buongiorno a tutti! La liturgia della Parola della quarta domenica di Avvento ci propone il racconto della nascita di Gesù nella versione dell’evangelista Matteo. In questo racconto è messa in particolare evidenza la figura di Giuseppe. L’evangelista nel presentarcelo lo definisce “uomo giusto”. L’uomo giusto è l’uomo che ascolta e realizza praticamente ciò che Dio gli ha messo nel cuore. Chiediamo a Giuseppe, lo sposo di Maria, il padre adottivo di Gesù, di aiutarci a disporci nel miglior modo possibile ad ascoltare, come fece lui, il Signore.
La celebrazione dei matrimoni in Israele, al tempo in cui nacque Gesù, avveniva normalmente in due tempi. In un primo momento, i due futuri sposi promettevano di legarsi l’uno all’altra in un contesto pubblico alla presenza di un rabbino. A questo momento non seguiva la convivenza sotto lo stesso tetto da parte dei due. Doveva passare un anno, più o meno, per dare inizio alla vita matrimoniale vera e propria. Maria e Giuseppe si trovano nel tempo che intercorre tra la promessa pubblica di matrimonio e l’andare a vivere nella stessa casa. Ognuno, quindi, viveva ancora a casa propria quando Maria rimane incinta, dice l’evangelista, per opera dello Spirito Santo. Possiamo soltanto immaginare che cosa possa essere passato nella testa e nel cuore di Giuseppe nel momento in cui giunse ai suoi orecchi la notizia che la sua futura sposa era in attesa di un bimbo non suo. Il sospetto che Maria non fosse stata fedele alla sua promessa lo porta a decidere di non voler continuare il progetto di vita con lei. La legge, inoltre, in caso di infedeltà, autorizzava il marito a ripudiare la moglie. Per non parlare poi delle conseguenze a cui andava incontro, sempre secondo la legge di Mosé, una sposa adultera. La colpa dell’adulterio veniva punita con uno dei supplizi pù cruenti che l’uomo ha saputo escogitare: la lapidazione. Giuseppe, però ama Maria e non vuole esporla al pubblico disprezzo. Per questo decide di licenziarla in segreto. Viene mostrato in questo l’animo di Giuseppe. Un uomo che non reagisce solo con la pancia badando esclusivamente all’orgoglio ferito. Si intuisce la sensibilità di un uomo che sa ascoltare nel profondo di se stesso la voce della coscienza che gli suggerisce la via del rispetto da riservare anche alle persone che possono aver commesso degli errori.
Giuseppe è un uomo giusto, dice Matteo. L’uomo giusto è l’uomo che ama la giustizia che in ebraico si dice Zedaqah. La Zedaqah degli ebrei non è solo la giustizia sociale che riconosce a ciascuno il proprio diritto. È qualcosa di più. Qualcosa che assomiglia a quella che Gesù nel suo insegnamento chiama “carità”. Giuseppe è l’uomo della carità, dell’amore proprio di colui che ama con la totalità di se stesso. Questo amore è la porta della conoscenza di Dio. Chi non ama, infatti, ci insegna la Scrittura, non può assolutamente dire di averlo conosciuto. L’uomo giusto allora è l’uomo che ama e che crede. Per questo Giuseppe non mostra alcuna esitazione di tornare indietro dalla decisione presa nel momento in cui Dio, nel sogno, per mezzo di un angelo gli rivela i suoi piani.
Contemplando il racconto della nascita di Gesù secondo la versione dell’evangelista Matteo, sorge spontanea nel cuore la preghiera che per intercessione di Giuseppe, sposo di Maria, padre adottivo di Gesù, custode della Chiesa, rivolgiamo al Signore: aiutaci, Signore, ad amare per credere, perché anche noi possiamo agire come “giusti” nella nostra casa, nella nostra comunità, nella nostra città, nei confronti di tutti. Buon compimento del cammino dell’Avvento a tutti!