VII Tempo Ordinario – 23 febbraio 2025

Buongiorno a tutti! La pagina evangelica che la liturgia di oggi ci propone ci permette di riprendere il punto conclusivo della riflessione sulle Beatitudini di domenica scorsa, ampliandolo e approfondendolo. Dicevamo che la vera beatitudine non potrà mai essere trovata nella ricchezza, nel divertimento a tutti i costi o nel successo, come il mondo illusoriamente ci fa credere, ma nell’amicizia, nell’aprirsi all’altro, nell’amare e nel voler bene. Il problema, però, è proprio questo: amare l’altro, soprattutto quando l’altro non ci ama o quando siamo noi a fare fatica ad amarlo! Ascoltiamo con fede la Parola.

Chi è il nemico da amare? La parola “nemico” siamo soliti usarla quando si parla di guerre e conflitti. Se qualcuno ci chiedesse se abbiamo dei nemici, sono sicuro che la maggior parte di noi risponderebbe: «No, non ho nemici, perché amo la pace; vivo in armonia con tutti, non sono in guerra né in conflitto con nessuno». Eppure, i tribunali sono pieni di cause per conflitti che nascono spesso in ambito familiare, generati da questioni che potrebbero essere facilmente risolte con maggiore rispetto e comprensione. Ora, se non restringiamo il termine “nemico” all’ambito delle guerre e dei conflitti, ma lo intendiamo nel suo significato letterale di “non-amico”, ovvero di qualcuno che non ci è amico o che noi stessi facciamo fatica a considerare tale, allora non possiamo pensare che questa realtà non ci riguardi. A mio giudizio, è impossibile che non esista almeno una persona che non ci ami o che noi stessi fatichiamo ad amare. Gesù ci comanda di amare proprio queste persone.

In verità, Gesù fa ancora di più: ama a sua volta i suoi nemici, per mostrarci l’altezza e la bellezza di questo amore. Basti ricordare la sua preghiera per i crocifissori. Gesù morente non si rivolge al Padre dicendo: «Hai visto cosa mi hanno fatto? Vendicami, fulminali!». Dice invece: «Perdonali, perché non sanno quello che fanno». Gesù ha misericordia, ha parole di perdono per coloro che gli stanno togliendo ingiustamente la vita. Ha misericordia perché rispetta profondamente l’uomo, ogni uomo, nella sua dignità personale, anche il peggiore dei malfattori. Sa fare una distinzione – che a noi spesso risulta difficile – tra l’uomo e le sue azioni. Il valore della dignità della persona è infinitamente più grande del valore di ciò che essa è capace di fare. Noi, invece, tendiamo a considerare il valore delle persone e il rispetto loro dovuto solo sulla base di ciò che compiono. Così, se una persona si è macchiata di un peccato, finisce per essere identificata con quel peccato per il resto dei suoi giorni. Una prostituta, per intenderci, rimarrebbe agli occhi dei benpensanti una peccatrice indegna di rispetto, anche se decidesse di cambiare vita. Ed è proprio per questo che chi è stato in carcere fatica a ritrovare un posto nella società dopo aver scontato la sua pena: per lui non c’è misericordia, perché è difficile amare chi ha sbagliato.

Gesù va però più in profondità, perché vuole farci capire il vero motivo di questa incapacità ad amare chi non ci ama e chi noi stessi fatichiamo ad amare. Lo fa mettendo in relazione l’amore per il nemico con l’amore perfettamente contraccambiato: «Se amate quelli che vi amano – dice – quale gratitudine vi è dovuta?». Con questa domanda sta, in pratica, dicendo: «Se amate solo quelli che la pensano come voi, che sono in tutto e per tutto uguali a voi, non fate nulla di speciale, perché amare chi è simile a noi equivale, in fondo, ad amare una sola persona: se stessi». Gesù non chiede, ma comanda ai suoi discepoli di amare tutti, senza distinzione. La mancanza d’amore per il nemico è la manifestazione dell’incapacità di amare in modo gratuito. È l’ennesima espressione di un amore esagerato, egoistico, narcisistico per se stessi.

Signore, infondi in noi il tuo Spirito, perché ci insegni ad amare con il tuo stesso amore. Buona domenica di vero cuore a tutti!