Buongiorno a tutti! Nella terza domenica d’Avvento dell’Anno C, troviamo al centro della nostra attenzione Giovanni Battista. Le sue parole sono un autentico scossone, un richiamo a svegliarci dal torpore che spesso ci impedisce di aprire gli occhi sull’umanità: quella che ogni santo giorno si presenta concretamente davanti a noi e accanto a noi. È lì che possiamo riconoscere, nel volto di ogni persona, la presenza del Signore che ci viene incontro, in ogni uomo e in ogni tempo. Apriamo cuore e mente per accogliere la provocazione del Precursore. Ascoltiamo.
«Che cosa dobbiamo fare?» È la domanda insistente che sorge dal profondo del cuore degli ascoltatori del Battista. Le risposte, diverse ma complementari, che egli offre alla folla, ai pubblicani e ai soldati — rappresentanti di un’umanità desiderosa di intraprendere un autentico cammino di conversione — trasmettono, in fondo, un messaggio unico: per guarire dalla tentazione dell’indifferenza, dell’ingiustizia e del dominio, esiste un solo rimedio efficace, un solo antidoto: il PRENDERSI CURA della STORIA e delle PERSONE che vivono concretamente accanto a noi. Al centro del mistero del Natale c’è il dono di un Bambino, un essere umano fragile, bisognoso di tutto. Se comprendiamo questo, non dovrebbe essere difficile intuire che accogliere pienamente il dono del Natale non significa soltanto partecipare con commozione alla Novena o allestire simboli religiosi come il presepe nelle nostre case, ma significa PRENDERSI CURA di Gesù Bambino. Questo si traduce nel prendersi cura dell’uomo fragile, di chi è nel bisogno, offrendo amore e testimoniando con i fatti la nostra Carità.
Il popolo che desidera sinceramente convertirsi a Dio, che vive nell’attesa del Cristo e della realizzazione del suo Regno di giustizia e di pace, deve intraprendere un esodo verso un “oltre” e verso l’“altro”. È questo il senso del messaggio di Giovanni, che invita a spostare l’attenzione dalla sua persona e dalla sua azione profetica verso “colui che è più forte di lui”. A tal proposito, è interessante approfondire il significato dell’espressione “slegare i sandali” utilizzata da Giovanni. Si tratta di un’immagine non del tutto chiara, riportata da tutta la tradizione evangelica e interpretata in modi diversi. Secondo alcuni, con questa frase Giovanni esprimerebbe la propria umiltà e la consapevolezza di essere su un piano nettamente inferiore rispetto a Gesù. Era infatti noto agli ascoltatori del Battista che slacciare i sandali e lavare i piedi fosse un compito riservato agli schiavi. Quando dunque Giovanni dichiara di non essere nemmeno degno di compiere un tale gesto verso il Messia, sta affermando di essere meno ancora del più umile degli schiavi.
Secondo un’altra autorevole interpretazione, l’indegnità dichiarata dal Battista non esprimerebbe soltanto la sua umiltà, ma farebbe riferimento a una pratica sociale legata alla cosiddetta “legge del levirato”, ormai caduta in disuso al tempo di Gesù. Di cosa si tratta? Secondo questa legge, la vedova senza figli maschi doveva, di diritto, essere presa in moglie dal parente più prossimo del marito defunto. Tuttavia, se quest’ultimo riconosceva di non poter onorare tale impegno, era obbligato a togliersi il sandalo in pubblico e consegnarlo a un altro parente, come segno della cessione del proprio diritto di sposare la vedova. Alla luce di questa pratica, è come se il Battista avesse detto davanti alla folla dei suoi ascoltatori: «Io sono venuto prima e, per ordine cronologico, avrei la precedenza. Ma sappiate che dopo di me viene “il forte”, colui che ha pieno diritto. Io gli cedo il posto, non per generosità o umiltà, ma perché quel posto è SUO!» Gesù è lo Sposo. Al centro del Mistero del Natale non c’è soltanto Gesù Bambino, ma anche il dono di un’Alleanza rinnovata tra il Cielo e la Terra.
Gesù, tu sei lo Sposo! Aiutaci a rinnovare il nostro legame nuziale con te, impegnandoci ogni giorno a percorrere i sentieri della Giustizia e della Pace, quella Pace cantata dagli angeli nella notte santa di Betlemme. Buona terza domenica di Avvento a tutti!