XXX Domenica del Tempo Ordinario – 27 ottobre 2024

Buongiorno a tutti! Quando nel Vangelo si parla di cecità non ci si riferisce solo ed esclusivamente ad una disabilità fisica ma alla difficoltà a vedere, con gli occhi della fede, il cammino che il Signore ha tracciato per noi. Guarire dalla cecità, intesa in questo secondo senso, dovrebbe essere un desiderio profondo di ogni discepolo. Affinché ciò avvenga, invochiamo con forza, come il cieco Bartimeo, la grazia dell’apertura degli occhi. Mettiamoci in ascolto del Vangelo.

La guarigione di un cieco è l’ultimo miracolo che Gesù compie prima del suo ingresso trionfale a Gerusalemme, nella domenica delle palme. Per accogliere e comprendere il mistero della sua passione, morte e risurrezione occorre avere occhi capaci di vedere in profondità, di vedere con la fede, come fa Bartimeo, chi sia veramente Gesù. Il cieco di Gerico è quindi un modello di credente da cui abbiamo tante cose da imparare. Vediamone alcune.

Innanzitutto, Bartimeo vede che il proprio limite, la cecità, è anche la sua più grande risorsa per comprendere chi sia veramente Gesù. Normalmente, tutte le persone che hanno un deficit in uno dei cinque sensi si accorgono di avere un aumento di sensibilità negli altri normalmente funzionanti. Un cieco ha certamente un udito e un tatto più sviluppati rispetto a chi non ha problemi di vista. Bartimeo certamente sentiva, e non in modo superficiale, tutti i racconti, fatti in sua presenza, sul conto di Gesù. Sognava in cuor suo di poterlo anche lui un giorno incontrare. Non tanto per saggiarne le capacità taumaturgiche, quanto per la convinzione che si era fatta sempre più spazio in lui che egli fosse il Messia, l’atteso delle genti, il discendente del re Davide annunciato dal profeta Natan. Del resto, tutti sapevano in Israele, che uno dei segni attraverso i quali il Messia, Figlio di Davide, si sarebbe manifestato era proprio quello della guarigione dei ciechi. Bartimeo crede, e la sua fede nasce da un ascolto reso più attento e profondo dalla propria condizione di povertà.

Bartimeo è, inoltre, un povero che scopre nella povertà l’importanza delle relazioni. La sua preghiera: «Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me», non solo esprime la fede in Gesù Messia e Salvatore, ma anche una richiesta di aiuto. Il cieco, per il fatto di non vedere, non può muoversi liberamente. Ha bisogno di affidarsi a qualcuno che lo accompagni, e anche quando può guadagnare una certa autonomia, questa in ogni caso comporta la necessità di potersi fidare del prossimo. Se non si dovesse fidare e affidare, correrebbe il rischio di restare solo, anzi, isolato. Bartimeo, proprio a motivo dell’accettazione della sua condizione, diventa per noi il modello dell’uomo che può vivere in pienezza la propria vita solo quando si apre con fiducia nei confronti di Dio e dell’uomo.

Ancora. Bartimeo è un povero che desidera davvero incontrare Gesù e perché ciò avvenga si libera dell’unica risorsa che gli dona sicurezza. Gettando a terra il mantello, che gli serviva per raccogliere le elemosine dei passanti e per difendersi dai rigori della notte, si spoglia, pur di non rinunciare all’incontro con Gesù, DI TUTTO CIÒ CHE HA PER VIVERE. Bartimeo vuole incontrare il rabbi di Nazareth per avere da lui l’indicazione di ciò che deve compiere per avere la vita in pienezza. Egli non esige per sé posti di onore, come hanno fatto Giacomo e Giovanni domenica scorsa, ma gli chiede con grande franchezza: «Che io veda di nuovo!». Recuperare la vista, per Bartimeo, equivale a ritrovare la sua dignità umana! È diventare nuovamente un essere umano capace di parola, capace cioè di esprimere pubblicamente, e senza sotterfugi, ciò che lo fa soffrire e da cui vuole essere liberato.

Signore, fai che la preghiera del cieco di Gerico sia, oggi e nell’avvenire, anche la nostra preghiera. Donaci la grazia dell’apertura degli occhi. Così sia. Buona domenica di vero cuore a tutti.

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