Buongiorno a tutti! Nel Vangelo di questa domenica ci viene proposto un altro passaggio del discorso in cui Gesù si rivela come “pane della vita”. Un discorso difficile da comprendere per i discepoli di tutti i tempi, pieno di parole che chiedono con insistenza di metterci in cammino per penetrarne sempre più in profondità il significato. Con fede e umiltà, mettiamoci in ascolto.
Proviamo anche solo per un attimo a metterci nei panni delle persone che ascoltarono per la prima volta Gesù che dice di se stesso: “io sono il pane della vita”, “io sono il pane vivo disceso dal cielo”! Oggi, comprendiamo che Gesù con queste parole alludeva al sacramento dell’Eucaristia. Ma i primi uditori di questo discorso, anche quelli che avevano già fatto un bel tratto di cammino con Gesù, facevano una fatica estrema a capirle. “Parole dure”, gli verrà detto appena concluderà, “parole incomprensibili”, che fanno quasi dubitare dell’equilibrio mentale di chi le pronuncia. All’inizio del passaggio che leggiamo in questa diciannovesima domenica del tempo ordinario emerge una delle motivazioni che costituiscono un vero e proprio ostacolo, in tutti i tempi, per la comprensione e accoglienza di Gesù e della sua Parola. La troviamo nelle domande piene di perplessità espresse dai Giudei: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come può dire: “sono disceso dal cielo?”». Chi si interroga in questo modo sta dicendo in fondo che le parole di Gesù sono difficili da inquadrare come una rivelazione per il semplice motivo che non corrispondono alla realtà. È come se i Giudei dicessero a Gesù: «Noi sappiamo tutto della tua identità, della tua origine, della tua famiglia, della tua storia personale, come possiamo credere che tua sia diverso da quello che abbiamo sempre conosciuto!». A vedere bene, come dicevo prima, questo rappresenta un limite nella relazione con Gesù per i discepoli di tutti i tempi. Può capitare che si ritenga di sapere tutto di Gesù solo perché per anni si è fatto il catechismo o perché si è dedicato parecchio tempo allo studio della Bibbia o della teologia. Non sono bastati duemila anni di storia del Cristianesimo per sondare il mistero di Cristo e il senso del suo insegnamento come si può pretendere di riuscirci nelle poche decine di anni in cui si sviluppa l’esistenza umana? Presumere di sapere tutto di Gesù, della sua origine, della sua storia personale, può essere un impedimento a procedere nella comprensione e accoglienza piena del mistero della sua persona.
Ogni persona poi può essere conosciuta solo dentro una relazione. Il fatto che Gesù dica “io sono” e che poi aggiunga “il pane della vita”, ci porta ad accogliere questa rivelazione come un’approfondimento della conoscenza del Dio che si è rivelato a Mosè nel roveto ardente. A Mosè che chiedeva di poter conoscere il nome della presenza divina che si sta manifestando a lui, Dio risponde dicendo: “Io sono il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe”. Un Dio cioè di persone che si rivela in una relazione. Questo è un altro elemento importante da considerare per comprendere sempre più in profondità il mistero di Cristo. Detto con parole più esplicite: per conoscere chi sia veramente Gesù non si può prescindere dal vivere con lui una relazione personale. Diversamente, il rischio sarebbe quello di confonderlo, o meglio, di ridurlo ad una definizione astratta, ad una metafora.
Signore, pane della vita, aiutaci a vivere con te una relazione personale in cui crescere ogni giorno nella comprensione sempre più profonda del tuo mistero. Buona domenica a tutti!