Buongiorno a tutti! Il dono dello Spirito, al centro della solennità di Pentecoste che oggi celebriamo, abilitandoci a chiamare Dio Abbà – che si potrebbe tradurre in modo familiare “babbo”, “papà” –, ci aiuta a comprendere e a fare nostro il suo sogno di vederci radunati in una sola famiglia, in cui le differenze non sono viste come un problema ma come una vera e propria ricchezza. Mettiamoci in ascolto della Parola che illumina e riscalda.
Gesù dice d’avere ancora molte cose da condividere. Questo significa che non ha detto tutto. È vero le parole dell’ultima cena non sono le ultime. Ci sono ancora quelle dette nel Getsemani, sulla Croce, nelle diverse occasioni in cui il Risorto appare ai suoi prima dell’Ascensione. Tutte queste, ma in verità anche le altre parole dette lungo il cammino, i discepoli le hanno ascoltate senza aver capito veramente il loro significato. Gesù lo sa. Sa che i suoi amici non sono in grado di coglierne la portata. Di portarne il peso. Perché sono parole impegnative, dalla cui accoglienza dipende la qualità del discepolato. Parole che inizieranno a diventare chiare solo dopo la Pentecoste. Sarà lo Spirito, dice Gesù, a guidarli verso la verità tutta intera del mistero della sua persona e delle sue parole.
Dalla lettura dei vangeli appare chiaro che i discepoli non seguono Gesù perché hanno capito tutto di lui. Al contrario, sanno poco o nulla quando iniziano a seguirlo e continuano a sapere poco sino alla fine. Basta richiamare alla memoria l’esperienza dei primi discepoli per notarlo. Quando Gesù passa lungo le rive del lago di Tiberiade, basta il suo sguardo e l’invito a seguirlo perché decidano di lasciare tutto e iniziare un nuovo percorso di vita. Voi l’avreste mai fatto? Vi sareste fidati nella stessa maniera di lasciare le vostre sicurezze familiari e professionali per intraprendere un cammino indefinito con un quasi perfetto sconosciuto? In ogni caso, se è vero che i dicepoli iniziano il cammino al seguito di Gesù senza sapere molto di lui, è ugualmente vero che man mano che passa il tempo le cose non cambiano: Gesù continua ad essere da loro poco conosciuto e compreso. Ricordiamo l’episodio in cui, due discepoli della prima ora, Giacomo e Giovanni, nell’imminenza dell’ingresso trionfale a Gerusalemme, si accostano al Maestro per chiedergli di poter avere dei posti di prestigio nel regno che sta per inaugurare. Immagino la faccia sconsolata di Gesù quando risponde «Non sapete che cosa state chiedendo». Parole che constatano amaramente che non bastano tre anni di cammino per capire, ma anche che i discepoli sono coloro che non dovrebbero mai smettere di imparare da Gesù la verità tutta intera del mistero della sua persona e delle sue parole.
C’è da aggiungere un’altra cosa. La necessità di continuare a camminare sempre, senza sosta, verso la verità tutta intera di Cristo e del suo Vangelo deve essere sostenuta dalla virtù dell’UMILTÀ. Anzi, più precisamente dalla virtù dell’umiltà di farsi continuamente SMONTARE dal Signore le idee sbagliate che ci costruiamo un po’ alla volta sul suo conto. Idee che acquisiamo senza mai averle veramente scelte, senza mai averle fatte passare prima attraverso un attento discernimento. Convertire l’idea di un Dio ragioniere, o giudice, o padrone severo e castigatore, se non addirittura di un Dio tappabuchi, risolutore di problemi a gettoniera, con l’idea, o meglio la realtà, di un Dio Padre che ama con viscere di Madre, con misericordia, richiede l’umiltà di farci continuamente educare da Gesù e dalla sua Parola, e illuminare e sostenere dallo Spirito Santo, per giungere alla verità tutta intera di Gesù stesso e del suo Vangelo.
Signore, donaci, l’umiltà di farci smontare continuamente da te, dalla tua Parola, perché ci interessi tu, e non le idee che ci siamo costruiti sul tuo conto. Buona Pentecoste di vero cuore a tutti!