Buongiorno a tutti. Il Vangelo della terza domenica di Pasqua ci chiede di seguire i discepoli di Emmaus nel cammino da loro compiuto in senso inverso per assistere all’apparizione del Risorto che si realizza mentre stanno raccontando ai loro amici sfiduciati e disperati d’aver incontrato Gesù, d’averlo riconosciuto nello spezzare il pane. A quell’incontro e a quella comunità proviamo a rivolgerci con il cuore e la mente aperti per imparare a dare fiducia e speranza ai percorsi interrotti e alle croci piccole e grandi che siamo chiamati ad abbracciare. Ascoltiamo con fede.
I discepoli di Emmaus, senza indugio, fanno ritorno a Gerusalemme. Vanno incontro agli Undici, e agli altri che erano con loro, per raccontare l’esperienza fatta mentre stavano rientrando a casa, nel loro villaggio. Li possiamo vedere. Sembrano altre persone: non hanno più i volti tristi, la testa china e il passo lento. Nel loro volto traspare la gioia e il loro passo è bello spedito. Una volta giunti nel cenacolo, dove i loro amici sono rinchiusi, mentre stanno narrando, dice l’evangelista Luca, ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane, ecco che Gesù si presenta in mezzo a loro. Vorrei fermarmi un attimo su questo passaggio del racconto che colpisce per un particolare che Luca neppure evidenzia. Molti infatti si domandano: come fece Gesù ad entrare nel cenacolo mentre le porte erano chiuse? Ci sono tante spiegazioni sul “corpo” di Gesù dopo la sua risurrezione. Un corpo cosiddetto “glorioso” che appare in posti diversi contemporaneamente, passa attraverso i muri e gli usci serrati; un corpo, insomma, in tutto simile agli altri corpi ma che, di fatto, si comporta fisicamente in modo completamente differente. Mi sembra che tutte le teorie dei teologi sul corpo glorioso siano secondarie al messaggio evangelico che il racconto di Luca contiene. L’evangelista, infatti, dice che Gesù si presenta in mezzo ai suoi discepoli nel momento in cui condividono l’esperienza della Parola e del Pane spezzato fatta con il Risorto. Il messaggio mi pare chiaro: se i discepoli sono uniti nella condivisione della Parola creduta e del Pane spezzato allora Gesù si presenta in mezzo. Si realizza in questo modo una delle promesse che il Maestro fece lungo il cammino: «Quando due o più sono riuniti nel mio nome, io sarò in mezzo a loro».
Gesù sarà presente in mezzo ai suoi discepoli in modo personale, reale, concreto e non come un fantasma, o una semplice idea. Credere che Gesù è presente nella comunità riunita nel suo nome non è però una cosa scontata. Anche noi conosciamo le parole di Gesù che lo promettono, ma credere che queste si realizzino è tutto un altro paio di maniche. L’evangelista sottolinea questa difficoltà quando afferma che «dalla gioia – i discepoli – non credono ancora». Un po’ come quando si dice, di fronte a qualcosa di atteso ma che si fa fatica a credere che possa realizzarsi: “è troppo bello per essere vero!”. Ma Gesù è vivo ed è realmente presente nella storia personale e di tutti. Questo è il messaggio che risuona solenne nel giorno di Pasqua e che dovrebbe rinnovarsi nella quotidianità dei discepoli di tutti i tempi.
Perciò, chiediamo al Signore il dono di una fede capace di gioire della sua presenza, una presenza personale che si realizza ogni qualvolta lo incontriamo nella Parola ascoltata, nell’Eucaristia celebrata, nella comunità riunita nel suo nome, nell’accoglienza del fratello e della sorella. Buona terza domenica di Pasqua a tutti!