Buongiorno a tutti. Al centro del Natale c’è il Bambino Gesù, certamente, ma non DA SOLO. Gesù ha una famiglia! Esperta nel soffrire, dice la liturgia. Maestra di vita pur nella sua assoluta singolarità. Contempliamola attraverso il racconto della presentazione al Tempio di Gesù appena nato. Riascoltiamolo con fede.
Il racconto della Presentazione al Tempio ci mette di fronte alcuni tratti della Santa Famiglia che possono di certo aiutare la vita di TUTTE le famiglie e di tutte le comunità. Forse, qualcuno potrebbe obiettare che si tratti di una famiglia assolutamente fuori dell’ordinario, unica nel suo genere, difficile da imitare. Probabilmente chi dice questo dice il vero, ma ciò non deve costituire un alibi che induce un po’ alla volta a desistere dall’impegno di assomigliargli almeno un poco. Proviamo allora a lasciarci provocare dalla testimonianza dei genitori di Gesù.
Innanzitutto, Luca, ci tiene a dire che Maria e Giuseppe sono attenti nel realizzare ciò che la legge di Mosé prescrive quando nasce un bambino in una famiglia. Sono esattamente TRE i riti da essi compiuti: la purificazione della madre; l’offerta del figlio primogenito al Signore; il sacrificio per il riscatto simbolico del bambino. A ben vedere, l’osservanza dei giovani genitori di Gesù non è quella di due bigotti che amano i riti solo perché lo fanno tutti e perché si è sempre fatto così. Ciò lo si può dedurre dal fatto che sanno nel profondo di loro stessi, nel momento in cui accettano di diventare i genitori del Messia, che la fede è sempre legata al cammino di un popolo. Sanno, in pratica, che non può esserci fede se non c’è contemporaneamente carità e speranza, due virtù che necessitano, per essere vissute veramente, della relazione con l’altro, dell’amore concreto condiviso con chi ti cammina accanto.
In secondo luogo, Maria e Giuseppe sono due che vivono in modo accogliente ed equilibrato l’incontro tra generazioni. Nel brano evangelico sono presenti due anziani, Simeone e Anna. La scena descritta da Luca è bellissima. La si può anche immaginare. Due giovani salgono le scale del Tempio con in braccio il fagottino di un bambino appena nato. Stanno per varcarne la porta che subito vedono un vecchio, con gli occhi sgranati e umidi di commozione, andargli incontro, prendere il Bambino dalle braccia della madre e cantare di gioia. Simeone benedice Dio per avergli fatto incontrare prima di morire la luce delle genti, il Messia Salvatore. Una scena potente, che poteva concludersi immediatamente, se Maria e Giuseppe fossero stati due diffidenti, chiusi nei confronti del prossimo, poco interessati a ciò che il vecchio aveva da dire loro. Maria e Giuseppe, invece, vivono l’incontro intergenerazionale, lo ripeto, con atteggiamento di accoglienza, certi di ricevere da chi ha saggiamente vissuto la propria vita una parola capace di aiutare a comprendere meglio un mistero in cui loro stessi sono coinvolti. Sanno che non si può avere visione del futuro e comprensione piena del presente se si tagliano senza pietà le radici della storia. Una società senza nonni è destinata a diventare purtroppo una società senza sogni!
Infine, Maria e Giuseppe sono disposti ad accogliere anche le parole scomode. Il bambino sarà “segno di contraddizione”. È la luce del mondo, ma una luce contraddetta: cercato e rifiutato, amato e crocifisso, sconfitto e vittorioso. Simeone, rivolgendosi a Maria, le profetizza, una grande sofferenza: una spada trafiggerà la tua anima. Non sono parole rassicuranti. Chi vorrebbe sentirle al battesimo del proprio figlio. Eppure, in questo, i genitori di Gesù sono un bel modello di coraggio. Sanno già che il loro cammino è difficile. Confidano certamente nell’aiuto del Signore, ma questo non significa essere esentati dal dolore e dalla sofferenza. Ciononostante dicono “AMEN” al compimento della volontà di Dio.
Signore, aiutaci a guardare con stupore e gioia il modello della Santa Famiglia di Nazareth. Fai che possiamo camminare nella vita con la fede, la speranza e la carità di Maria e Giuseppe. Buon anno a tutti!