Buongiorno a tutti! Con la solennità di Cristo Re dell’universo, siamo giunti al compimento dell’anno liturgico. Riconoscere che Cristo è re, significa, riconoscere che Cristo è al centro e al primo posto della vita del credente. Il vangelo che stiamo per ascoltare, su cui spesso dovremmo fermarci a meditare, dovrebbe svegliare in tutti questa consapevolezza. Ascoltiamolo con fede.
“Il racconto del giudizio finale”, che immediatamente precede le parabole “delle dieci vergini” e “dei talenti” meditate nelle ultime due domeniche, chiude, nel Vangelo secondo Matteo, il discorso escatologico di Gesù. Il tema di queste tre pagine evangeliche è il medesimo: le cose ultime, il destino dell’uomo alla fine della vita. Cosa ci attenderà, una volta che avremo compiuto il percorso terreno? Sentiremo il Signore dirci: «Vieni benedetto del Padre, entra nell’eredità preparata per te fin dall’origine del mondo» oppure «via da me, nel fuoco eterno, dove sarà pianto e stridore di denti»? Saremo riconosciuti degni della “vita eterna” o del “supplizio eterno”? Una cosa è certa, l’abbiamo già detto altre volte, la vita futura che ci attende è connessa alle scelte che responsabilmente siamo chiamati a realizzare ogni santo giorno. Ciononostante, incute un certo timore il fatto che Gesù collochi il momento in cui verrà rivelato il destino di ciascuno in un contesto di giudizio. Lo dobbiamo ammettere, è forse questo il motivo che suscita più timore. Umanamente parlando, è esperienza di tutti, non fa piacere a nessuno essere convocati davanti ad un giudice, per essere sottoposti ad un giudizio. Soprattutto se ci si è impegnati a vivere una vita nel rispetto dell’altro e delle regole della civile convivenza. Non solo. Siamo anche culturalmente esposti, e oggi più che mai, a patire il giudizio degli altri. Basti pensare ai processi che si svolgono sui social, alle gogne mediatiche continuamente ravvivate dai leoni da tastiera di turno. Trovarsi nel tritacarne del giudizio degli altri non è piacevole. Perciò, sapere che, volente o nolente, alla fine della vita ce ne sarà uno a cui siamo già convocati non so quanto possa farci piacere. Il vangelo di oggi però ci informa che quel giudizio non ha niente a che vedere con quelli appena menzionati, perché è un GIUDIZIO D’AMORE, SULL’AMORE che concretamente siamo chiamati a condividere con le persone che il Signore ci pone accanto e di fronte nel cammino della vita. Voi potreste domandarmi: in che senso è un giudizio d’amore? Se veramente fosse tale, allora il Signore, amante della vita, direbbe a tutti, senza fare distinzioni di sorta: «Ma sì, entra, chi se ne frega se hai condotto una vita in cui l’amore non era la tua priorità! A chi può interessare se hai pensato solo a te stesso! Se ti sei preoccupato solo delle cose materiali e te ne sei infischiato di ciò che ti avrebbe aiutato a dare un senso più profondo alla tua esistenza!». Non credo che queste parole esprimano un autentico giudizio d’amore. Al contrario, credo che sia espressione di AUTENTICO amore il rispetto pieno della libertà altrui. E Dio fa così con tutti gli uomini. Li ha creati liberi. Liberi di dirgli di “sì” e liberi di dire di “no”. Liberi di stare con Lui ma anche liberi di voltargli le spalle. Non ci obbliga ad amarlo e ad amare Lui negli altri. Alla fine della vita, il suo GIUDIZIO D’AMORE, sarà la manifestazione del RISPETTO DELLA LIBERTÀ con cui abbiamo condotto le scelte d’amore nei confronti dei nostri fratelli e delle nostre sorelle. E soprattutto dei fratelli e delle sorelle che avevano più bisogno del nostro aiuto. Avevo fame, sete, bisogno di essere riscaldato, di essere accolto, curato, visitato, ascoltato. Sono MANCANZE DI QUALCOSA che suonano come appelli di aiuto, percepibili solo a condizione che non si viva ripiegati su se stessi. Amando tutti e senza riserve, dice Gesù, avremo celebrato e vissuto concretamente il sacramento del fratello e della sorella, avremo cioè vissuto con gli OCCHI APERTI dalla fede riconoscendo la presenza di Cristo nel volto di tutti, e amando, di conseguenza, Cristo in tutti. Per questo Gesù dice: «l’avete fatto a me!»: per riconoscerlo presente e per imparare ad AMARLO, AMANDO TUTTI!
Sveglia Signore le nostre coscienze per riconoscerti presente in tutti e in tutto. Sostienici con il tuo Spirito perché, ogni giorno della vita, nel nuovo anno liturgico che stiamo per iniziare, possiamo affermare la tua regalità mettendoti al centro e al primo posto. Di cuore auguro a tutti una buona domenica!