La parola è un dono grande di Dio all’uomo.
Le bestie, sì, comunicano fra di loro. Ma è un comunicare primitivo, rudimentale, istintivo.
Scienziati di valore si accaniscono oggi a studiare il linguaggio delle bestie. Ad esempio quello dei pesci; dei delfini.
Ma la scoperta, sempre meravigliosa, non va mai oltre una trasmissione istintiva, una comunicazione istintiva, mai articolata in parole, e non va mai oltre il campo di una coscienza animale = «un avvertire, un accogliere»; ma «che non sa di avvertire, non sa di accogliere». Siamo, e rimaniamo cioè sul puro piano di una vita animale istintiva materiale.
Per l’uomo non è così.
L’uomo parla.
Con la parola si esprime, comunica. Apprende. Sa. E «sa di sapere». È un dono, la parola, che, per essere dell’uomo, entra nel campo spirituale, e di una coscienza spirituale. Questa è appunto la coscienza che è conscia: «sa di sapere».
La parola è relazione, comunicazione di un uomo con un altro uomo, attraverso il mezzo fonico (parola parlata) o grafico (parola scritta) o tramite un comportamento (è la parola del gesto, del segno, di un dato comportamento voluto).
La parola: questo «mezzo» di comunicazione, contiene un concetto, e il concetto esprime una cosa.
La parola è comunicazione tra persone che si arricchiscono così di «conoscenze» del reale: si comunicano la verità. Che è appunto il concetto giusto di una data cosa.
La parola ha dunque un suo piano fonico, o grafico, o di comportamento; tutto questo costituisce come il corpo o guscio della parola.
La parola ha poi un suo piano logico: una sua anima = un concetto che porta, in chi ascolta, una ricchezza di conoscenza della realtà.
Ma la parola che comunica conoscenza, non si ferma al piano logico, o di un conoscere astratto. Vista nella sua anima profonda, ed in tutta la sua concretezza, la parola comunica sempre un’anima viva, qualcosa di chi parla.
Dove c’è parola, c’è sempre un’anima che comunica, entra, si riversa in un’altra anima arricchendola.
Anzi, c’è tutto un uomo che comunica e si riversa in un altro uomo.
Certo, l’uomo, limitato per sua natura, quando vuol comunicare colle parole, fa quanto può per esprimersi il meglio possibile. l suoni, i segni, i cenni allora si articolano in mille modi differenti per esprimere sempre meglio un dato pensiero che dice una data realtà.
Con i concetti, esprime i sentimenti, i desideri, la veemenza di convinzione, la sottigliezza, la profondità, il colore, il timbro delle cose che quella persona sente, sa, e vuol comunicare.
Per questo l’uomo si ingegna con segni ortografici (quando scrive): punti esclamativi, interrogativi, virgole, punti, due punti, punti e virgole, accenti, aspirate, ripetizioni, cadenze secche o molli, alate, poetiche, laconiche, ecc…
E con segni fonici (quando parla): tono della voce, e modulazione, ripetizione, rime, foga, languore, ecc…
Quanto al «comportamento», si deve dire che quando un uomo parla con convinzione, si esprime con tutta la sua persona.
E, scavando sempre più in questi suoni, e segni, e gesti, l’uomo si sforza di entrare nell’anima della parola stessa: affinando concetti, limando, apponendo, componendo frasi, periodi… contesti… che tentano di esprimere tutta l’infinita ricchezza del pensiero e dello stile, e, soprattutto, delle cose da esprimere.
La parola diventa così per l’uomo una ricchezza smisurata. Un dono grande e misterioso.
E la parola è, per natura sua, tutta fatta per comunicare la verità: delle cose, delle persone, e del proprio io.
Anzi, la parola diventa un seme. Un seme vivo, che attraverso una corteccia viva: il suono, lo scritto, il gesto; e un’anima: l’idea e il pensiero e i sentimenti, riproduce qualcosa della persona che parla, di ciò che essa è, e sa, e sente.
Al punto che se una persona veramente si riversa nella sua parola, e un’altra l’accoglie, tra i due, si genera un vero trapianto. In chi ascolta, se questi si è fatto terreno buono, nasce e cresce qualcosa di vivo che è dell’altro, è, in qualche modo, innesto dall’altro.
La parola è il veicolo della civiltà, della letteratura, delle scienze…
E, ancora, la parola, per natura sua, è fatta per comunicare IL CONCRETO DELLE COSE. E perciò, ripetiamo, È TUTTA E SOLO FATTA, PER NATURA SUA, PER COMUNICARE LA VERITÀ. Una verità viva, sempre crescente.
UNA PAROLA deve contenere UN CONCETTO, e questo deve rappresentare UNA COSA. È questa la equazione sacra e tassativa, insita nella natura stessa della parola:
UNA PAROLA = UN CONCETTO = UNA COSA.
Il tradimento della parola.
- Si tradisce la parola quando si dice ciò che non è vero (anche a prescindere dall’intenzione). Si tradisce cioè quando vengono dette cose che si credono vere, ma non lo sono in realtà: cioè oggettivamente. Questo inconscio tradimento, ma sempre tradimento, si chiama «errore».
- Si tradisce la parola quando, sapendo il vero, si dice il falso: è la menzogna. La menzogna è comunicare il nulla = ciò che non è. Mettendo magari al suo posto come vera un’altra cosa, che perciò non è vera! Doppio tradimento. È precipitare apposta nel baratro del nulla.
- Si tradisce la parola quando si infrange la delicata equazione: parola = concetto = realtà. …Parole senza senso; ambigue; con doppio senso; con senso alterato; esasperato … o … che non dicono niente! ln tutti questi casi è tradire il fratello. Sempre.
- E vi sono tanti altri modi di tradire la parola: …la faciloneria; la superficialità; la ridondanza (un mare di parole che a mala pena contengono un granello di riso…); la scurrilità; la nebulosità; l’ermetismo; ecc… Dice Gesù: «Sia il vostro dire sì, sì; no, no. Il resto viene dal maligno». (Mt. 5, 37)
******
- lo stimo la parola per quello che veramente è: un dono sacro di Dio, da non sciupare e da non tradire mai?
- sono un parolaio? O parlo a vanvera? O non ho la preoccupazione vigile di dire sempre la verità? O dico cose campate in aria?
- ..mi permetto qualche bugia (…magari a fin di bene)? Mentre non è permesso. Mai.
- E, se «ho detto», mantengo? Sono «di parola».?… O parlo alla leggera?…
Tradisco la parola?…
Don Paolo Arnaboldi
Tratto dal fascicolo “La Parola” – 1982
RIFLESSIONI proposte da Michele
- La parola opera e crea idee, emozioni, conoscenza…buone o non buone.
- In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era informe e deserta e le tenebre
ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: “Sia la luce”. E la luce fu. (Gen 1) - Quindi, siamo chiamati, come figli di Dio, ad essere luce attraverso parole che
danno luce, fanno luce (hoc fac). - Nel nostro tempo dare testimonianza alla Parola che è Cristo, venuto per illuminare le genti, può voler dire interrogarsi sulle subdole opacità e avidità nelle forme di
comunicazione più utilizzate grazie ad internet. - “Fuggire” il problema risponde alla testimonianza che ci viene chiesta come cristiani/cittadini/genitori/insegnanti/catechisti?
Strumenti di riflessione/azione
– Viaggio alle fonti dell’esperienza poetica “L’attimo fuggente -storie quasi vere di poeti. (Raiplay/documentari)
– Alla ricerca delle fonti. Intervista “Gianni Vattimo: il pensiero debole” (Raiplay/learning)
– Per un incontro vivo con Gesù vivo: Mc 7, 31-37; 1 Cor 13
– Didattica. Il posto dell’immaginazione nell’educazione. “Grammatica della fantasia. Introduzione all’arte di inventare storie” di Gianni Rodari.
– Musica. Videoclip “Parole in circolo” di Marco Mengoni.