Buongiorno a tutti! La quindicesima domenica del Tempo Ordinario ci chiede ancora una volta di meditare con attenzione una delle parabole più note del Vangelo: la parabola del seminatore. Riascoltiamola con il cuore e la mente bene aperti per discernere le difficoltà che si presentano nell’accoglienza di Cristo e del suo Vangelo.
Un seminatore desideroso di far arrivare la semente dappertutto inizia a spargerla con larghezza, senza essere troppo preoccupato di farla cadere dove non sarebbe potuto spuntare niente. La fa cadere, innanzitutto, «lungo la strada». Nella spiegazione che Gesù dà ai suoi discepoli, la “strada” è la rappresentazione di coloro che ascoltano la Parola di Dio senza impegnarsi a COMPRENDERLA. C’è un primo livello dell’accoglienza della Parola, si potrebbe dire, che passa per la comprensione. Penso a tutti quegli studenti che imparano sequenze interminabili di nozioni a memoria senza provare a capire che cosa significhino. Oppure alle generazioni di cristiani che hanno avuto la pretesa di sapere tutto di Dio perché avevano imparato a memoria tutte le risposte del Catechismo di san Pio X. L’esperienza ci insegna che un insegnamento che viene ascoltato senza essere capito, o senza che ci si impegni a tradurlo in pratica è destinato a svanire nel nulla.
«Un’altra parte [del seme]», dice Gesù, viene fatta cadere dal seminatore «sul terreno sassoso». Un po’ di sassi nella terra, in verità, è necessario che ci siano sempre per favorire il drenaggio dell’acqua e consentire alla pianta di svilupparsi bene. Se però il terreno ha più sassi che terra è difficile che la pianta vi si radichi bene. Non solo. Una pianta che non può sviluppare bene le sue radici è più esposta ai mutamenti improvvisi del clima o ai semplici cambiamenti di stagione. Gesù utilizza questo terreno per indicare le persone che ascoltano la Parola IN MODO SUPERFICIALE, senza impegnarsi ad approfondirla, a radicarsi in essa. Senza le fondamenta solide della Parola, la casa della nostra esistenza rischia di vacillare e addirittura crollare quando si presentano le “tempeste della vita”.
Nel proseguo della parabola, Gesù dice che il seminatore sparge il seme anche «sui rovi». Il terreno invaso dai rovi soffoca qualsiasi altra forma di vita. Il seme della Parola che in esso viene piantato non ha spazio a sufficienza per poter attechire. I verbi che Gesù utilizza per rappresentare il discepolo che vive in tale condizione sono quelli che incontriamo nel racconto di Marta e Maria, le sorelle di Lazzaro. Nel rivolgersi all’amica preoccupata del fatto che egli non faccia niente per richiamare all’ordine la sorella che l’ha lasciata sola a servire, il Maestro dice parole che sono scolpite nella memoria di tutti: «Marta, Marta, tu ti agiti e ti affanni per troppe cose. Ma di una sola cosa c’è bisogno. Esattamente quella che ha scelto Maria». Gli affanni della vita, quando non lasciano spazio all’ascolto di Dio e del fratello, possono costituire un vero e proprio problema per il discepolo che si propone la meta della vita evangelica.
Infine, c’è il «terreno buono», cioè il terreno capace di accogliere il seme e farlo fruttificare. Dare frutto è il compito del discepolo. Lo dice Gesù nel contesto dell’ultima cena raccontata da Giovanni: «vi ho chiamati perché portiate frutto e il vostro frutto rimanga». Perché questo avvenga è però necessario che il Signore e il suo Vangelo rimangano nel cuore del discepolo. Gesù lo ripete tantissime volte: “rimenete in me”, come i tralci sono uniti alla vite. Con una differenza però: mentre i tralci al tronco della vite sono uniti, potremmo dire, in modo naturale, spontaneo, per i discepoli, per coloro che desiderano appartenere al Regno, è necessario per rimanere uniti a Cristo decidersi per Lui. Lui vuole rimanere in noi, ma spetta anche a noi disporre il “campo” del nostro cuore per accogliere stabilmente Lui e il seme della sua Parola.
Aiutaci, Signore, a ben disporre il nostro cuore per accogliere la Parola che ogni giorno con generosità semini nel campo della nostra esistenza. Buona domenica di vero cuore a tutti!