Buongiorno a tutti! Abbiamo concluso domenica scorsa le raccomandazioni di Gesù ai suoi discepoli sulla missione; lo incontriamo oggi che prega rivolto al Padre, perché possiamo avere la disposizione giusta del cuore per accogliere in pienezza Lui e il suo Vangelo. Ascoltiamo.
In questo brano evangelico che solitamente cattura l’attenzione per l’invito di Gesù ad imparare da lui mitezza e umiltà, vorrei sottolineare altre due cose che possono essere utili per l’esperienza discepolare.
La prima la collego alle parole: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». Per capirle è necessario specificare che gli stanchi e gli oppressi a cui Gesù si sta rivolgendo si trovano in questa condizione a causa dei dotti e sapienti a cui il Padre ha nascosto i misteri del Regno. I dotti e sapienti, che non sono altro che gli scribi e farisei contro cui Gesù si scaglia nel suo insegnamento, avendo trasformato Dio in un giudice e la Scrittura in un codice di Leggi da osservare in modo preciso, sono del tutto incapaci di riconoscere che Dio è amore e di aiutare di conseguenza altri a farne l’esperienza. «Legano pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, – dirà Gesù in una lunga invettiva contro di essi verso la fine del Vangelo di Matteo –ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito». Alla luce di questa precisazione, si comprende la tenerezza incredibile delle parole di Gesù rivolte a chi, per via del carico delle regole e imposizioni che gli sono gravate sulle spalle, avverte l’inevitabile stanchezza e oppressione che deriva dal sentirsi sempre in colpa e in debito nei confronti del Signore. A questi Gesù dice: «Io vi darò ristoro». Il verbo adoperato dall’evangelista significa “far riposare”, “far cessare la fatica”, cioè recuperare il fiato. È come se Gesù dicesse: «Io sarò il vostro respiro». A quanti sono oppressi da un rapporto con Dio che non riescono a portare avanti per via delle troppe leggi e regole, Gesù dice: «Accogliete me, io sarò il vostro respiro. Io sarò quello che vi darà fiato, per il semplice fatto che vi amo così come siete e non perché mi garantite che non sgarrerete mai, che non cadrete, che sarete sempre precisi nell’osservanza dei precetti». Come si fa a comprendere l’amore incondizionato di Dio se lo si vincola all’osservanza di precetti? I precetti che non sono accolti dentro una relazione in cui ci si conosce, ci si capisce e ci si accoglie per ciò che si è veramente, sono solo delle imposizioni che alla lunga producono un senso di fatica e oppressione.
Ma come si fa a superare questo stato di fatica e oppressione? La risposta a questa domanda è la seconda cosa che vorrei sottolineare nel testo che stiamo meditando. La ricollego alle parole: «Prendete il mio giogo sopra di voi […] e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero». A sentire queste parole in verità si rimane un po’ interdetti perché il giogo non è proprio un oggetto simpatico. Lo si mette sulle spalle dei buoi per farli camminare appaiati nella stessa direzione, in modo tale il solco tracciato dall’aratro da essi trainato venga bello dritto. Ora, Gesù non ci sta dicendo che siamo animali da soma e che dobbiamo costringerci a camminare con chi ci mette accanto, nella direzione che vuole lui. Il giogo che lui ci sta presentando è il suo Vangelo, una parola d’amore, di libertà, di misericordia, di comprensione, di accoglienza dell’altro così com’è, di fraternità universale. È certamente un “giogo” impegnativo, ma è un giogo, che consente all’uomo di vivere pienamente secondo il progetto di Dio. Scoprendo ogni giorno, nell’ascolto della Parola, la bellezza di una relazione in cui il Signore si rivela e rivelandosi ci fa comprendere chi siamo e qual è il senso dell’esistenza che ci chiede di vivere.
Signore, tu che conosci la nostra stanchezza e difficoltà nel cammino che ogni giorno conduciamo, aiutaci a rivolgerci a te per trovare riposo e ristoro nella tua presenza e nell’ascolto della tua Parola che libera. Buona domenica di vero cuore a tutti!